E dopo qualche giorno di pausa, riprendiamo il viaggio all’interno del Sistema Solare insieme ai nostri amici Valturiani. Lasciatosi alle spalle il blu di Nettuno, ecco presentarsi davanti a loro la sua copia quasi scolorita, di un celeste chiarissimo, quasi ciano: Urano. Simile in dimensione, e simile anche in quanto a satelliti: ventisette piccole lune che gli orbitano attorno, strette attorno all’equatore. Anche in questo caso, scendere sulla sua superficie non porterebbe a molto: come tutti i giganti gassosi, al suo interno ci sono quasi esclusivamente rocce ed un po’ di ghiaccio, con una temperatura di poche decine di gradi superiore allo zero assoluto, non di certo ospitale. Una cosa vale comunque la pena di osservare prima di lasciarlo, commentano a bordo dell’astronave: Urano ha la particolarità di avere un asse di rotazione non perprendicolare al piano della sua orbita, come gli altri, ma parallelo. Niente di che, solo una particolarità.
Ma lo spettacolo comincia ora (anche se alcuni potrebbero obiettare che i pianeti non sono certo allineati, e vederli uno dopo l’altro come in fila é quantomeno irrealistico. Ma suvvia: volete che degli alieni provenienti da anni luce di distanza si preoccupino di fare qualche milione di chilometri di deviazioni?). Dopo Urano, ecco uno dei capolavori di questo sistema: Saturno. Saturno, con le sue fasce di vario colore sulla sua superficie, con i suoi sette anelli leggermente inclinati e con i suoi cinquanta, forse più, piccoli satelliti che impazziti sfrecciano intorno alla sua superficie. Una meraviglia che le parole difficilmente riescono a descrivere, quindi niente di meglio che atterrare su uno dei suoi satelliti, Titano magari, ed osservarlo in silenzio. Certo, da vicino un po’ della magia si perde, perché gli anelli risultano per quello che sono: corpi di ghiaccio di circa un chilometro ciascuno, ma abbastanza ravvicinati da sembrare continui dal di fuori. Ma nessuno oserebbe mai far notare una cosa cosi’ in un simile momento. Qualche attimo di contemplazione, e poi si riparte.
Ed all’avvicinarsi del prossimo pianeta, non importa da quanto lontano arrivino i nostri amici, un po’ di rispetto per questo gigante del cielo, per questa stella mancata, indubbiamente lo proveranno: Giove, migliaia di volte più grande che qualunque altro pianeta nel sistema, di un grigio mastodontico. Da lontano si possono vedere le tempeste agitare la sua superficie provocando nubi cicloniche in continuo movimento: la rabbia ancora non conclusa di un gigante che voleva essere una stella. Il viaggio continua, ma i piloti dell’astronave faranno meglio a restare concentrati: perché dopo Giove orbitano migliaia e migliaia di piccoli asteroidi che in epoche oramai dimenticate cercarono di unirsi a formare un pianete ma non ci riuscirono, ed ora si sfogano colpendo qualunque cosa abbia l’ardire di transitare in quella porzione di cielo che sarebbe dovuta essere loro.
Ma i valturiani sono impazienti di continuare, perché il prossimo pianeta, seppure minuscolo al confronto di Giove, seppur quasi insignificante, si fa notare per il suo rosso intenso, quasi un faro nella notte. Sono arrivati su Marte. Da un pianeta del genere ci si aspetterebbe di più di quello che in realtà si vede scendendo sulla sua superficie: infiniti deserti rossi, sterminate distese di rosso intervallate qua e là da qualche cratere da meteorite o da un vulcano. Marte possiede i vulcani più grandi del sistema, decine di chilometri di altezza, ed una temperatura mite, quasi venti gradi d’estate (ma chissà se per i Valturiani questa non sia una temperatura da inferno.). Forse la prima impressione del suolo di Marte é stata ingiusta: esso regala anche bellissimi ed immensi Canyon, per non parlare dei Geyser. Ancora un’occhiata, e poi si riparte, perché di pianeti ne mancano ancora tre.
Ed eccoli arrivati alla Terra, infine. Tutti i colori dell’Universo si sono riuniti sotto la sua atmosfera: blu, marrone, verde, bianco… Con un po’ di slalom fra tutti gli oggetti metallici che le orbitano attorno (sintomi di una civiltà che freme di partire), i Valturiani riescono ad avvicinarsi al suo suolo. Ma quello che vedono, penso lo conosciate un po’ tutti, quindi permettetemi di saltare un po’ avanti verso la prossima tappa del viaggio. Una tappa che é quasi un ritorno indietro nel passato: perché il pianeta dopo, Venere, é simile alla Terra in dimensione, massa, atmosfera, ma é in una tappa della sua evoluzione che la Terra ha già passato da milioni di anni. Il suolo di Venere é nascosto dall’esterno da un’atmosfera densa di nubi che hanno anche riscaldato moltissimo il pianeta, lasciandolo desertico e senza vita. Niente anelli, niente satelliti.
E stessa cosa anche per il pianeta dopo, Mercurio: scuro, grigio, piccolino, senza niente che gli orbiti attorno. Di certo non il più attraente del Sistema. Un pianeta che ha la faccia rivolta verso il Sole calda come l’interno di un vulcano, e l’altra parte gelida. Se non é attraente, di certo non é neanche ospitale. Ed il viaggio si conclude qua, alzando lo sguardo e finalmente vedendo da vicino il Sole, la stella di questo Sistema, il centro di tutti i pianeti visti finora. Rosso, ribollente, agitato, immenso: gli aggettivi si sprecano a descriverlo. Un’ultima occhiata, motori al massimo, e i nostri amici ci salutano per tornare da dove venivano.